Circolare Ministero del Lavoro n. 5/2013

La Direzione Ispettiva del Ministero del Lavoro fornisce, tramite la Circolare n. 5/2013, alcune indicazioni operative per il personale ispettivo con riferimento alla corretta applicazione delle sanzioni contenute nell’articolo 7 commi 1 e 2 del D.lgs. n. 167/2011.

Nella Circolare è prevista anche una casistica delle violazioni più frequenti in materia di apprendistato.

Occorre ricordare che sono intervenuti su questa particolare forma contrattuale prima il D.lgs. n.167/2011 (cosiddetto Testo Unico sull’Apprendistato), poi la Contrattazione Collettiva Nazionale di settore ed infine la riforma Fornero (L. n.92/2012).
L’articolo 7 comma 1  del T.U. nel descrivere l’entità della sanzione, evidenzia, come già avveniva con l’articolo 53 del D.Lgs. n. 276/2003, il duplice requisito della esclusiva responsabilità del datore di lavoro e della gravità della violazione.

Lo stesso comma 1 prevede anche che, in caso emerga una violazione nella erogazione della formazione prevista nel piano formativo individuale, il personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali adotterà un provvedimento di disposizione, ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, assegnando un congruo termine al datore di lavoro per adempiere.

Laddove non sia possibile recuperare il “debito formativo” ai sensi di quanto già previsto e chiarito dal Ministero nella circolare n. 29 del 2011 (in allegato) sarà applicabile la sanzione prevista dallo stesso articolo 7.

La Circolare n. 29 aveva già chiarito che per quanto riguarda il contratto di apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere, la responsabilità del datore di lavoro si potrà configurare nell’ipotesi in cui lo stesso non consentirà al lavoratore di seguire i percorsi formativi esterni all’azienda finalizzati alla acquisizione di competenze di base e trasversali e/o non effettuerà la formazione interna che, secondo il Testo unico, è “svolta sotto la responsabilità della azienda”.

L’ispettore dunque, in caso di violazione riguardante la formazione, potrà emanare un provvedimento di disposizione o applicare direttamente la sanzione dell’articolo 7 comma 1, primo periodo.

L’emanazione della disposizione dovrà tener conto della possibilità di recuperare il debito formativo, il che appare proporzionalmente più difficile in relazione all’approssimarsi della scadenza del periodo formativo inizialmente individuato.

Il Ministero propone, oltre ad una tabella in cui sono prese in considerazione le vari ipotesi in cui si applica la disposizione o la sanzione, anche dei chiari esempi.

La ratio del Ministero è applicare nel primo anno di apprendistato, in caso di violazione dell’erogazione della formazione, la disposizione ad adempiere, quindi recuperarla negli anni successivi.

Discorso diverso si configura nei casi in cui l’ispezione avvengo nel secondo o terzo anno di durata del contratto.
Nell’ipotesi che l’accertamento ispettivo avvenga durante il secondo anno si applica la sanzione dell’articolo 7 e non la disposizione, nel caso in cui la formazione formale effettuata al momento dell’ispezione risulta essere meno del 40% di quella prevista sommando le ore individuate nel Piano Formativo Individuale più la quota parte delle ore previste nel secondo anno.
Nel caso in cui l’accertamento ispettivo avvenga durante il terzo anno di apprendistato si applica la sanzione e non la disposizione, nel caso in cui la formazione formale effettuata risulta essere meno del 60% di quella prevista sommando le ore definite nel Piano Formativo Individuale più la quota parte delle ore previste nel terzo anno.
Per quanto riguarda la definizione di formazione formale, che nel nostro contratto è pari a 80 ore medie annue svolte all’interno o all’esterno dell’azienda, si deve far riferimento alla definizione prevista nel Decreto Interministeriale del 26 settembre 2012 di recepimento dell’accordo del 19 aprile 2012 sancito in sede di Conferenza permanente fra Stato, Regioni e P.A. di Trento e Bolzano.

La circolare, come anticipato nella premessa, prende in esame anche altre casistiche che sono frequentemente oggetto di sanzione.

La Direzione Ispettiva chiarisce il regime sanzionatorio nel caso in cui il datore di lavoro, nonostante espresse previsioni contrattuali, non individui o non disponga l’affiancamento di un tutor o referente aziendale dell’apprendista.

Occorre ricordare che ai sensi dell’articolo 2 comma 1 lettera d) del D.lgs.n. 167/2011 la disciplina della materia è demandata esclusivamente alla contrattazione collettiva.
Nell’Accordo di Federturismo Confindustria e di Confindustria AICA del 14 maggio 2012 la figura del tutor è disciplinata dell’articolo 1 comma 10 e svolge in prevalenza compiti di “controllo” della corretta effettuazione della formazione e di raccordo tra apprendista e soggetto formatore.

Il Ministero chiarisce che la violazione della disciplina in materia di tutor o referente aziendale non determina automaticamente l’applicazione del regime sanzionatorio per mancata formazione dell’apprendista di cui all’articolo 7 comma 1. Eventuali violazioni in materia saranno dunque sanzionabili esclusivamente ai sensi dell’articolo 7 comma 2 del D.lgs. n. 167/2011, come sanzione amministrativa pecuniaria da € 100 a € 600 diffidabili ai sensi dell’articolo 13 del D.lgs.n. 124/2004 ( in caso di recidiva la sanzione varia da € 300 a € 1.500).

Altro caso di frequente violazione riguarda il rispetto dei limiti numerici di assunzione di personale apprendista. L’articolo 1 comma 16 lettera c) della L.n. 92/2012 sostituisce il comma 3 dell’articolo 2 del D.lgs. n. 167/2011, introducendo una disciplina in parte nuova in relazione ai limiti numerici di assunzione di apprendisti.
Secondo tale disposizione il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere, direttamente o indirettamente per il tramite della agenzie di somministrazione di lavoro, ai sensi dell’articolo 20 del D.lgs. n. 276/2003, “non può superare il rapporto di 3 a 2 rispetto alle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso il medesimo datore di lavoro”.

Questo limite riguarda solo le aziende che hanno alle loro dipendenze un numero di lavoratori pari o superiori a 10 mentre nelle aziende fino a 10 lavoratori si applica il precedente rapporto del 100% fra maestranze specializzate e qualificate e apprendisti.

Il Ministero precisa che rientrano nelle maestranze specializzate e qualificate, ai fini dell’individuazione dei limiti numerici, anche i soci o i coadiuvanti familiari che prestano attività lavorativa con carattere di continuità e abitualità, sempreché siano in possesso di adeguate competenze.

Qualora il personale ispettivo riscontri una violazione dei citati limiti numerici provvederà a ricondurre le assunzioni effettuate in violazione degli stessi limiti a dei “normali “ rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

La trasformazione dei rapporti, essendo il contratto di apprendistato già un contratto a tempo indeterminato, darà luogo ad azioni di recupero contributivo, all’impossibilità, da parte del datore di lavoro, di recedere dal rapporto senza giusta causa o giustificato motivo al termine del periodo formativo e all’applicazione delle “consuete” sanzioni di carattere amministrativo.

La violazione dei limiti numerici introdotti dalla contrattazione collettiva, ma che non si concretizzano nella violazione dei limiti legali, non potrà avere effetti sul piano pubblicistico, dando luogo ad una “trasformazione” dei relativi rapporti di lavoro.

Le clausole limitatrici, avendo valenza esclusivamente “obbligatoria”, potranno infatti determinare effetti esclusivamente sul piano della violazione contrattuale per le aziende iscritte alle organizzazioni firmatarie del relativo contratto collettivo.

Un aspetto molto importante riguarda la nullità del contratto di apprendistato, derivante dall’impossibilità di formare il lavoratore in quanto già in possesso delle dovute competenze. Da ciò deriva che al momento dell’assunzione il lavoratore non deve già possedere la qualifica per la quale sarà formato.
Un rapporto di lavoro preesistente di durata limitata, anche di apprendistato, non pregiudica la possibilità di instaurare un successivo rapporto formativo purchè sia riscontrabile nel piano formativo un arricchimento delle competenze di base trasversali e professionali del lavoratore.

A titolo di esempio il Ministero precisa che “non sembra ammissibile la stipula di un contratto di apprendistato da parte di un lavoratore che abbia già svolto un periodo di lavoro, continuativo o frazionato, in mansioni corrispondenti alla stessa qualifica oggetto del contratto formativo, per una durata superiore alla metà di quella prevista dalla contrattazione collettiva; tale conclusione è dettata dalla necessità che il precedente rapporto di lavoro, sotto il profilo dell’acquisizione delle esperienze e delle competenze professionali , non abbia a prevalere sull’instaurando rapporto di lavoro”.
Il Ministero del Lavoro tiene a precisare che in caso il rapporto di apprendistato venga “disconosciuto” sia per violazione degli obblighi di carattere formativo che per assenza dei presupposti di instaurazione del rapporto stesso (violazione limiti numerici, violazione oneri di stabilizzazione, assenza requisiti anagrafici ecc.) il lavoratore è considerato un normale lavoratore subordinato a tempo indeterminato.

Da questo deriva inevitabilmente la decadenza dei benefici di carattere normativo già concessi (non computo del lavoratore nell’organico aziendale, sottoinquadramento).
Per quanto riguarda i profili retributivi, il personale ispettivo provvederà ad adottare il provvedimento di diffida accertativa in relazione al differenziale derivante dal diverso inquadramento contrattuale del lavoratore.
Con rifermento al rapporto di apprendistato con l’istituto della somministrazione, si chiarisce che è esclusa la possibilità di assumere apprendisti in somministrazione con contratto di somministrazione a tempo determinato.

Il punto 8 della Circolare riguarda invece le percentuali di stabilizzazione utili all’assunzione di nuovi apprendisti. La Direzione Ispettiva conferma quanto già previsto e chiarito nella Circolare n. 18 del 2012, la cui analisi è presente nello Speciale sulla Riforma del Mercato del Lavoro.

La clausola contrattuale prevista, nell’accordo del 14 maggio 2012, al comma 8 dell’articolo 2 (80%) si applica solamente alle aziende con meno di 10 dipendenti, mentre per le aziende con almeno 10 dipendenti si applicano le clausole di stabilizzazione legale, ovvero, del 30% e 50%.
Il superamento dei limiti, contrattuali o legali, comporta la trasformazione del rapporto in un normale rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sia dalla data di costituzione (è esclusa la sanzione prevista dall’articolo 7 de D.lgs. n. 167/2011 che è riconducibile esclusivamente ad un inadempimento sul piano formativo).

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Per maggiori informazioni:
Matteo Nevi
Relazioni Industriali e Affari Sociali
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Roma, 22 gennaio 2013