Delocalizzare, innovare e governare la crescita sono le indicazioni del Rapporto 2018 della Banca d’Italia sul turismo, presentato a Roma  l’11 dicembre nel quale si ribadisce i vantaggi di ridurre la concentrazione dei flussi turistici nei mesi estivi. Così come riconferma che l’eccessiva stagionalità delle presenze comprime il grado di utilizzo medio delle strutture ricettive, oggi assai basso nel confronto internazionale. Si tratta di un problema che – secondo gli analisti della Banca d’Italia – può essere attenuato espandendo l’offerta di soggiorni con motivazioni culturali e di breve durata al di fuori dell’alta stagione. Progressi possono essere conseguiti sviluppando segmenti quali il turismo congressuale e fieristico, che se ben governati possono accrescere l’utilizzo delle strutture nel corso dell’intero anno.

Tutte azioni e passi decisivi per un settore trainante della nostra economia: dati alla mano l’attività turistica genera oltre il 5% del prodotto interno lordo (Pil) e circa il 6% dell’occupazione totale. Ad essa è riconducibile il 40% delle esportazioni di servizi; il suo saldo con l’estero è strutturalmente in avanzo ed è pari a quasi un punto di Pil e a circa un terzo dell’avanzo commerciale complessivo dell’Italia. Nel complesso, da noi il peso economico del turismo è simile a quello di paesi vicini, come Francia e Spagna. Ma, a fronte di queste performance, vaste aree dell’Italia non traggono beneficio quanto potrebbero dai movimenti turistici internazionali. È questo il caso soprattutto del Mezzogiorno dove peraltro sono ubicati oltre la metà dei siti archeologici italiani, un quarto dei musei, quasi l’80% delle coste e i tre quarti del territorio destinato a parchi nazionali. Ciò nonostante, il Sud e le isole attraggono solo il 15% della spesa totale dei turisti stranieri in Italia. Anche dopo i progressi degli ultimi anni, gli spazi per valorizzare le risorse paesaggistiche, artistiche e culturali del Mezzogiorno rimangono molto ampi. Per di più, il rapporto mostra che le aree in ritardo e con il minor livello di utilizzo delle risorse umane sono quelle in cui sarebbero maggiori i vantaggi di un aumento dei ricavi turistici.

Un forte impegno pubblico è necessario per stimolare l’innovazione, per consentire ai territori e ai singoli operatori di beneficiare appieno dalla rivoluzione tecnologica; è indispensabile per rafforzare il capitale umano sia all’interno delle imprese, sia al di fuori di esse. Su questo fronte l’economia italiana registra ritardi e il settore turistico non fa eccezione. Le politiche del turismo non possono prescindere dal ruolo trainante dei territori dove l’offerta si concretizza. Ma richiedono una guida nazionale per governare macro fenomeni quali l’apertura di nuovi mercati; per gestire e promuovere l’immagine dell’Italia nel mondo attraverso tutti i canali disponibili; per affiancare i territori nel disegnare politiche mirate allo sviluppo di prodotti di alta qualità; per rafforzare la competitività degli operatori, con politiche favorevoli all’innovazione. Il Past President Iorio nel suo intervento ha sottolineato come non esistano settori al mondo che abbiamo avuto per 50 anni una crescita del 5% stabile come il turismo.  E’ fondamentale il tema della governance dei territori, investire nella logica del mercato, in infrastrutture e nel digitale come stimolo degli interessi.

(Per maggiori informazioni: b.ongaro@federturismo.it)