La chiusura di alcune tipologie di attività, nuove limitazioni all’esercizio di altre e indicazioni di comportamento, per i residenti e i cittadini in ingresso nel nostro Paese, contenute nel DPCM 24 ottobre, riducono fortemente – tanto in termini concreti quanto per l’effetto psicologico che inducono – la propensione ai consumi dando un ulteriore grave colpo al turismo.


Il settore non è in crisi solo per via delle chiusure o perché sono fortemente limitati gli ambiti di operatività delle sue attività, è in crisi perché, oramai da 8 mesi, non ci sono “turisti” - se non per un periodo estremamente ridotto della scorsa estate e in alcune specifiche destinazioni - né presumibilmente ve ne saranno per tutta la stagione invernale, fino a Pasqua inclusa. È questo il significato inequivocabile dei dati ufficiali di ISTAT e Banca d’Italia, che tra marzo e giugno quantificano una riduzione del traffico di turisti italiani e stranieri dell’87%, di quelli pubblicati nella Nota di aggiornamento al DEF, che identificano a luglio un ulteriore crollo del 60% della spesa degli stranieri in Italia e del 56% della spesa degli Italiani all’estero, e di un periodo agosto-settembre in cui, secondo le nostre stime, abbiamo ricevuto un turista estero su 4 e 4 Italiani su 10 non hanno compiuto neanche uno spostamento dai rispettivi luoghi di residenza per motivi di vacanza. Senza contare il crollo del turismo d’affari e di quello di meeting, congressi ed eventi.

Se dunque il lockdown è ufficialmente durato poco più di 2 mesi, per questo settore dura, in effetti, già da 8 e non se ne prevede la fine prima di 12.

Pertanto, prevedere forme di ristoro da mettere in campo per le attività interessate dalle limitazioni appena introdotte è certamente necessario ma risponde a uno degli aspetti della crisi in corso. Occorre pensare alla filiera del turismo nel suo complesso, con nuove importanti misure.

Anche basandosi sui primi segnali che emergono dalla quantità e valore delle domande presentate da alcune categorie del settore - quelle che ne avevano diritto - per ricevere i contributi a fondo perduto parametrati sulla riduzione di volumi d’affari e corrispettivi, non è azzardato confermare la previsione già operata nei mesi scorsi che, su 190 miliardi di euro (somma che corrisponde al valore della produzione annua delle attività del settore e di quelle più immediatamente e direttamente collegate) alla fine dell’anno ne mancheranno 100.

Preoccupate per questo scenario, le Associazioni del turismo Assoturismo Confesercenti, Confturismo Confcommercio e Federturismo Confindustria chiedono che tanto le preannunciate nuove misure di supporto alle attività economiche che Governo e Parlamento si preparano a varare nei prossimi giorni, quanto la proroga ed estensione di quelle già messe in campo, che dovrebbero far parte dei contenuti della Legge di Bilancio 2021, siano basate sulla effettiva perdita di volume d’affari e corrispettivi che ciascuna attività sta subendo, non con quantificazioni fisse, ad esempio per codice ATECO.

Chiedono, inoltre, che al turismo venga dedicata una linea di interventi ampia e articolata, che risponda non solo alla rilevanza del settore sull’economia ma anche alla sua capacità di generare indotto in altri settori, e quindi di particolare attitudine alla resilienza.

Roma, 26 ottobre 2020